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CRISI DI GOVERNO/ Da Ue e Germania un’altra “zavorra” per l’Italia

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CRISI DI GOVERNO/ Da Ue e Germania un’altra “zavorra” per l’Italia

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Il Pil della Germania nel secondo trimestre dell’anno è risultato in calo dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e in aumento dello 0,4% in termini tendenziali. Ieri Eurostat ha fatto anche sapere che nel medesimo periodo il Pil nell’Eurozona è cresciuto dello 0,2% in termini congiunturali e dell’1,1% anno su anno e che la produzione industriale a giugno è scesa del 2,6% rispetto allo stesso mese del 2018. «Questi dati confermano il rallentamento sostanziale dell’economia europea, che certamente costituisce un problema e una sfida anche per la Commissione entrante, che si dovrà porre il problema di quale modello di crescita proporre in un’Europa a trazione tedesca che confidava largamente nel modello export oriented della Germania per crescere, mentre si trova oggi di fronte a uno scenario che è come un muro», ci dice Marco Fortis, economista e vicepresidente della Fondazione Edison.

Da dove nasce questa difficoltà europea?

Certamente la guerra commerciale tra Usa e Cina vede l’Europa come un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro, ma soprattutto come un soggetto in cui è franato miseramente il modello tedesco. Un modello basato sostanzialmente sulla rigidità del pareggio di bilancio, confermata recentemente anche da alcune dichiarazioni di esponenti politici tedeschi, che non pensa quindi a stimolare la domanda interna in un momento in cui questa va male, e sull’export, peggiorato anche perché si sta “spuntando” la classica arma tedesca dell’auto.

L’industria automobilistica è stata così importante per la Germania?

Per due lustri è stato il settore trainante, non solo tramite l’export in giro per il mondo, ma soprattutto in Europa. La Germania ha potuto vendere auto nel mercato europeo a tassi fissi, pur avendo un surplus che si dilatava in continuazione. In altri tempi ci sarebbe stata una rivalutazione del marco che avrebbe resto meno competitive le auto tedesche. Aver avuto questa sorta di El Dorado per tanti anni ha forse illuso la Germania di poter crescere indefinitamente con questo modello e per di più di potersi fregiare anche del titolo di nazione con i conti più che in ordine. Non è stato così e in più oggi c’è da affrontare il problema del diesel che mette in discussione il modello stesso industriale dell’auto tedesca. Con l’illusione che la soluzione possa essere nell’auto elettrica, che ha invece ancora grossi limiti.

L’Europa dovrà quindi fare qualcosa su questo fronte…

La domanda interna è ferma, c’è anche in alcuni paesi, come il nostro, un declino demografico che non favorisce l’incremento dei consumi: serve quindi un rilancio degli investimenti. Se l’Europa non si dà un progetto chiaro e se alcuni paesi guida come la Germania, ma anche altri del Nord, non intuiscono che la situazione rischia di implodere, si creerà un problema europeo enorme di bassa crescita che metterà in pericolo anche quella già fragile costruzione che è l’istituzione europea per come funziona adesso. Siccome poi l’Europa confidava di poter esportare il modello tedesco anche ai paesi non “diligenti”, tra cui l’Italia, siamo finiti in un cul-de-sac.

Tutto questo rende ancora più complicata la situazione già non facile dell’Italia.

Il nostro Paese è finito in una sorta di imbuto riuscendo a bruciare in 14 mesi tutte le occasioni di rilancio che si era costruito con una politica di flessibilità dentro l’Europa che oggi faticosamente si cerca di ritrovare dopo il fallimento del Governo giallo-verde. Un Governo che ha tradito le speranze riposte troppo frettolosamente dai rispettivi elettori sia del nord che del sud.

Perché parla di tradimento degli elettori?

La Lega ha tradito le aspettative del nord e i 5 Stelle quelle del sud. Se si guarda il rapporto Svimez ci si rende conto che non ha per niente funzionato quello che i pentastellati avevano in mente, a partire dal rilancio dell’occupazione. Il decreto dignità e il reddito di cittadinanza sono dei flop giganteschi considerando che l’occupazione al sud è andata indietro drammaticamente negli ultimi 3-4 trimestri. Prima del Governo Conte il nord aveva raggiunto tassi di crescita che, tolto il rimbalzo del 2010 dopo il crollo del 2009, erano da record, sopra il 2%: che cos’è successo in un anno? Che assecondando le politiche assistenziali dei 5 stelle e occupandosi solo dei problemi di immigrazione, grazie alla Lega l’economia del nord è andata completamente a pallino.

Dal punto di vista economico, di fronte al caos politico attuale cosa converrebbe fare?

Siamo di fronte a uno scenario in cui bisogna interrogarsi su come evitare ulteriori danni. Credo che occorra principalmente scongiurare un aumento dell’Iva, altrimenti i consumi scenderanno, specie al nord, dove finora stanno bene o male tenendo. Ci si sta poi dimenticando che vanno fatte privatizzazioni per 18 miliardi di euro entro fine anno, altrimenti si aprirà un problema nei conti. Il quadro è quindi preoccupante. Quello che si sta proponendo con un eventuale Governo temporaneo, di transizione, istituzionale o come lo si voglia chiamare, è soltanto un tentativo di evitare danni ulteriori, ma poi o questa Italia propone qualcosa di serio all’Europa e questa dialoga con il nostro Paese e con gli altri in modo serio per tornare su un sentiero di crescita, oppure rischiamo di entrare in una stagnazione non dico secolare, ma almeno quinquennale di cui bisogna preoccuparsi seriamente.

In Italia non conviene tornare a votare il prima possibile?

Siamo già in stagnazione e se in questo momento non si riesce a trovare una soluzione per disinnescare la bomba dell’Iva è chiaro che dalla stagnazione passiamo alla recessione. Andrebbero poi al più presto sbloccati gli investimenti. Nonostante qualche imprenditore dica che è meglio andare al voto, io sono più restio. Non mi sembra che a livello politico la necessità di andare a elezioni al più presto sia dettata dalla volontà effettiva di costruire una politica economica rivoluzionaria: mi sembra più un voler monetizzare i risultati delle europee e dei sondaggi.

Torniamo un attimo all’Europa e alla Germania: si dice che a settembre la Merkel potrebbe presentare un piano di investimenti in deficit orientati alla sostenibilità ambientale. Cosa ne pensa?

Mi sembra un tentativo di assecondare le aspettative del nuovo protagonista della politica tedesca, il partito dei Verdi. Ma qui non c’è bisogno solo di investimenti “green”, servono investimenti infrastrutturali. Occorre che la Germania costruisca nuovi ponti laddove stanno franando, che metta mano al sistema ferroviario, che costruisca reti digitali. È quello che occorre anche a livello europeo. Non vogliamo farlo con gli eurobond? Chiamiamoli allora investment bond, ma diamoci una mossa, perché questo è un continente paralizzato ormai. E che presto dovrà fare i conti anche con la Brexit.

(Lorenzo Torrisi)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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