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SCENARIO/ Il Draghi della Bce che servirebbe (ora) a palazzo Chigi

SCENARIO/ Il Draghi della Bce che servirebbe (ora) a palazzo Chigi

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SCENARIO/ Il Draghi della Bce che servirebbe (ora) a palazzo Chigi

In queste ore si attende l’arrivo dei circa 25 miliardi del Recovery fund destinati all’Italia. Il Governo, alla ripresa dell’attività dopo la pausa estiva, avrà molto da fare sul terreno del Pnrr. Non a caso il sottosegretario Garofoli ha inviato una lettera ai ministeri ricordando gli impegni e le scadenze imminenti. Secondo Francesco Forte, non sarà però sufficiente l’efficienza dei vari dicasteri interessati. «Del resto – spiega l’ex titolare delle Finanze e del Coordinamento delle politiche comunitarie – Draghi ha sì scelto chi mettere nei ministeri chiave per il Pnrr, ma il problema è che le loro decisioni potrebbero essere efficienti se solo il sistema già funzionasse e non fosse “inceppato”. Mi spiego con un esempio».SCENARIO/ Green pass e “coperta corta” chiamano Draghi a nuove mediazioni
Prego.
Si possono sì fare i progetti giusti per le opere necessarie. Il problema è fare in modo che poi vengano realizzate o sbloccare i cantieri già avviati. Purtroppo non ci sono ancora le procedure adeguate per farlo e anche i meccanismi giuridici sono gli stessi che non consentono un cambiamento della situazione.RIPRESA E POLITICA/ L’Italia può recuperare quanto perso dal 2007 (a due condizioni)
Ci vuole quindi una riforma ad hoc?
Non è questione di fare una riforma, basterebbe perseguire la strada della deregolamentazione. Si potrebbe anche semplicemente tornare alla Legge obiettivo di Berlusconi per le opere. Non solo le grandi opere, ma anche quelle di carattere regionale di cui si sente particolare necessità, per esempio, in Liguria. Non sappiamo però se tutti i partiti della maggioranza sarebbero d’accordo su questo.
Secondo lei, l’Italia rischia di pagare questi ritardi con l’Europa?
Ritengo che la Commissione europea possa accettare delle dilazioni, l’importante è che possa vedere che qualcosa si sta muovendo e che la situazione non permane quella di prima. Non sarà però semplice per il Governo trasmettere questo tipo di messaggio. Sulla giustizia, però, ce l’ha fatta, nonostante mi sembra che la riforma riguardi più aspetti esteriori che non la vera e propria sostanza su cui si sarebbe dovuto agire.CYBERSICUREZZA/ Draghi, la nuova Agenzia e i Servizi: come sbrogliare la matassa
Tra i provvedimenti che ci sono da prendere, a quale andrebbe data priorità?
La cosa urgente è concentrarsi sul Recovery plan, che rappresenta la politica fiscale e monetaria necessaria per la ripartenza. Altrimenti rischiamo di non utilizzare i fondi che arriveranno. Purtroppo non riesco a capire come mai si senta il bisogno di occuparsi di ius soli piuttosto che di ddl Zan in un periodo in cui le priorità sono la crescita e la semplificazione. Il resto si farà dopo.
Forse perché si tratta di temi che i partiti vogliono spendere per la campagna elettorale.
Sì, è evidente che con l’avvicinarsi del voto aumentino i picchi ideologici dei partiti. Solo che questi temi identitari hanno un costo.
A questo proposito il Reddito di cittadinanza è certamente una bandiera del Movimento 5 Stelle. Lei cosa pensa abbiamo voluto dire Draghi con le sue dichiarazioni riguardanti questa misura (“Condivido in pieno concetto alla sua base”)?
Per me è ridicolo parlare di Reddito di cittadinanza quando abbiamo una disoccupazione strutturale del 9% e un mercato del lavoro irrigidito senza più la Legge Biagi. Andrebbe abolito finanziando piuttosto serie politiche attive mediante l’istruzione professionale o incentivi fiscali per le imprese che assumono e si occupano anche della formazione delle figure di cui hanno bisogno. Credo che Draghi abbia detto quelle parole per tenere buona una parte rilevante della sua maggioranza dando rassicurazioni sul fatto che i cambiamenti di questa misura saranno graduali. Questo, a mio modo di vedere, è però un errore.
Perché?
Draghi sta mediando troppo. Avrebbe dovuto avere più coraggio e imporre una sua linea minacciando nel caso le dimissioni. In tanti avrebbero avuto paura a quel punto di mettere fine alla legislatura e di tornare al voto. Il Premier avrebbe dovuto essere più determinato come quando era alla guida della Bce, anche perché mediare tra così tanti partiti che in alcuni casi sono divisi al loro interno è molto complicato, soprattutto ora che è iniziato il semestre bianco. Con queste mediazioni complicate Draghi rischia di perdere il proprio smalto.
(Lorenzo Torrisi)
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